Innanzitutto ringrazio l'Arch. Mallamaci Nicola, ideatore del sito Web dell'Associazione Minatori Mottesi "Commemorare per Ricordare", della quale io faccio parte con onore da quando si è costituita.

In queste righe mi viene data l'opportunità di parlare del lavoro di mio padre ed inoltre di diffondere e far conoscere in tutto il mondo quello che è stato il sacrificio dei nostri genitori volto ad assicurare un futuro migliore per noi figli e per l'intera comunità mottese.
Poche righe dunque, ma concise e dettate dal cuore, ricordi che affiorano nella mia mente lasciando in me un velo di tristezza.
La condizione sociale del paese di Motta San Giovanni ed in generale di tutto il meridione era disastrosa e l'unica risorsa era il lavoro in galleria. L'assenza continua di mio padre ne era la testimonianza e le continue domande poste a mia madre sulla sua assenza delineavano una condizione adolescenziale angosciosa.
L'emigrazione era una condizione dunque necessaria alla sopravvivenza delle famiglie, di quei figli considerati orfanie delle mogli paragonate a vedove bianche.
Gli uomini lasciavano le proprie terre ad uno ad uno, partendo con quelle valige di cartone riempite di sogni, speranze e futuro, l'uno chiamava l'altro che fosse amico, fratello, cugino ecc. non aveva importanza, a volte si trovavano nei cantieri diversi componenti della stessa famiglia (in allegato una foto con quattro fratelli).
Si andava in giro per l'Italia, dal Piemonte alla Sicilia, in Sardegna, Lombardia, Calabria, Basilicata e spesso anche all'estero, Francia, Germania con un unico obiettivo: il lavoro, senza badare a quali erano le condizioni di vita, spesso disumane, senza alcuna considerazione per la vita, oltre che per le condizioni igienico sanitarie precarie e, per quanto riguarda la sicurezza, pressochè inesistenti.
Dopo svariate ore di lavoro, a volte anche dodici, dovevano preparare il cibo, lavare la biancheria e quanto altro gli serviva, per poi ritrovarsi a dormire sulla paglia in delle baracche contenenti a volte più di dieci persone.
Noi sapevamo che mio padre tornava per le feste, Pasqua e Natale, e quando scriveva le lettere, allora il telefono, per le famiglie come la mia, era considerato un lusso, diceva sempre che non vedeva l'ora di riabbracciarci tutti e di stare insieme alla sua famiglia.
Si faceva veramente festa quando lui arrivava, i mesi di assenza erano stati tanti, e noi, seduti sulle sue gambe, gli chiedevamo di tutto sul suo lavoro, lui prontamente raccontava con dettagli minuziosi la vita della miniera, narrandola come una meravigliosa fiaba, spesso evitando tutto ciò che noi quasi sempre venivamo a sapere dagli altri e cioè dei suoi compagni infortunati o morti sul lavoro o qualche altro episodio un pò inquietante, tutto ciò per non far pesare l'enorme sacrificio che faceva per noi.
Poi, quando arrivava l'ora della partenza, ricominciava il calvario, in attesa del nuovo ritorno di "zio Ciccio", si, perchè così veniva chiamato affettuosamente dai tanti amici e compagni per via del suo carattere molto allegro e scherzoso, ci salutava sempre quando dormivamo per non farci soffrire poichè ogni volta sapevamo benissimo che sarebbe potuta essere l'ultima.
Ricordo, inoltre, che mio padre diceva sempre, "non voglio che i miei figli facciano il lavoro che ho fatto io" per questo, raccomandava sempre ai miei fratelli di studiare.
Noi figli non lo capivamo allora, eravamo troppo piccoli.
Man mano che sono cresciuta ho capito perfettamente anche i rischi derivanti dal lavoro in galleria e, pensandoci, mi viene l'angoscia, poichè ero consapevole del fatto che la vita di mio padre non sarebbe durata a lungo.
Infatti egli ebbe i primi problemi respiratori a 56 anni e poi dopo 10 anni di sofferenze atroci il respiro che si faceva ogni giorno sempre più lento e così cessò di vivere a causa di edema polmonare.
Gli avevano diagnosticato la malattia dei minatori chiamata silicosi polmonare, la quale pietrifica i polmoni e li logora pian piano fino a causarne la morte.
Al Dott. Benedetto Mallamaci, medico di famiglia e medico di tutti i minatori Mottesi va la nostra gratitudine perchè il suo impegno ha portato al riconoscimento della silicosi come malattia professionale, ed al successivo indennizzo, anche se adesso non ci sono soldi che possano bastare a ripagare la vita dei nostri padri, martiri del lavoro ed EROI.
L'ultimo periodo di lavoro di mio padre è stato presso la galleria di Melito P. Salvo (RC), egli mi ha portato a vederla quando non era ancora finita, in occasione dei festeggiamenti di S. Barbara nel 1972. Confesso che avevo paura nel vedere la maestosità dell'opera e provavo anche un senso di inquietudine nel vedere gli strumenti di lavoro usati per realizzarla, ricordo che in quella occasione era presente anche Nino Calabrò anch'egli Socio dell'Associazione Minatori Mottesi.
Ho avuto la fortuna di viaggiare molto, in lungo e in largo per l'Italia e vi confesso che ancora oggi, ogni volta che passo dentro i tunnel, penso al lavoro di mio padre ed a quello dei tanti minatori che, col proprio sacrificio hanno apportato alla società sviluppo e benessere.
Rimarranno sempre nei nostri cuori, le parole della poesia dedicata dal Dott. Benedetto Mallamaci al Minatore, egli infatti ha vissuto i momenti critici della loro vita, definendoli "Impasto di prestanza e miniera d'altruismo" e volendo, in queste frasi, far emergere, non solola dedizione al lavoro, ma anche l'amore che essi avevano verso la vita e verso i loro compagni di lavoro, per i quali qualcuno ha dato anche la propria vita, come la tragedia di Troina vivendo il sacrificio con dignità e coraggio nella speranza di un futuro migliore.
Così è stato, per mio padre e per tutti i minatori mottesi.
Il 29 agosto del 1981 "Zio Ciccio" è venuto a mancare, benedicendo i suoi figli e lasciando un patrimonio di valori morali, civili e religiosi, di rettitudine ed onestà.
L'esempio dei nostri minatori è stato per noi modello di vita ed il loro sacrificio non è stato vano, infatti esso vive sempre nei nostri pensieri ricordando che la vera ricchezza è quella dell'animo.
Sono pagine di storia ....
Ci sarebbe tanto da scrivere, non solo per mio padre, ma per tutti i minatori che, come Lui, hanno avuto la stessa sorte.
L'Eterno riposo, dunque ai nostri minatori EROI delle nostre famiglie.

Grazie papà

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Testimonianza Calabrò Margherita

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