Abstract
L'idea di realizzare questo sito, nasce dalla volontà di far conoscere il lavoro, il coraggio, la solidarietà dei Minatori Mottesi.
Il sito cerca di presentare la storia dei minatori originari di Motta S. Giovanni (città situata sulle colline a circa 25 km da Reggio Calabria) e i suoi caduti, anche mediante la descrizione dei luoghi ospitanti i cantieri, degli attrezzi e la visualizzazione di istantanee dell’epoca.
Il periodo del secondo Dopoguerra, corrispose ad un lasso di tempo in cui l’avvio di attività estrattive, in miniere sia italiane che estere (prevalentemente Germania, Francia e Belgio) e di grandi opere rese necessario una consistente presenza di manodopera nei cantieri.
Il caso di Motta S. Giovanni è comunque anomalo, perché la partenza dei minatori verso questi luoghi diventò, per questo paese, un fenomeno di massa.
La principale motivazione di questo esodo di braccia è da ricercare nella voglia di dare una svolta alla propria vita: il lavoro in miniera o in galleria è stato visto come l’unica possibilità di riscatto sociale da uno stato di sudditanza nei confronti di un sistema economico prettamente agricolo. E’ innegabile che quelle partenze rappresentarono un punto di svolta per la situazione economica del paese, orientandola in un progressivo miglioramento verso il benessere.
Come è facile intuire, tutto ciò ebbe un prezzo: per i minatori la vita fu un continuo di privazioni e sacrifici. Basti pensare alle loro precarie condizioni di lavoro, rese impossibili da turni estenuanti, sotto la pressione della continua minaccia rappresentata dalla massa rocciosa sovrastante. Chi lavorava in miniera conviveva con la consapevolezza di possibili cedimenti e crolli, gas velenosi ed esplosioni.
In definitiva, entrando nella miniera, non si poteva avere la certezza di uscirne a rivedere la luce del sole, premio di una giornata di fatica. E fuori dai cantieri, i problemi erano rappresentati dalla pessima igiene e al sovraffollamento degli alloggi, oltre ad un’alimentazione monotona e spesso inadatta a reintegrare le energie spese. L’impressionante numero di caduti sul lavoro e a causa di esso portò Motta, nel corso dei decenni, a diventare quasi un paese di vedove.
Il protrarsi della lontananza da casa e l’assenza della figura di riferimento nella famiglia portarono inevitabilmente le donne a rivestire dei ruoli che fino ad allora erano rimasti una esclusiva maschile, come l’educazione dei figli e la gestione patrimoniale.
Motta dedica a questi uomini, che con il loro coraggio e il loro altruismo hanno scritto autentiche pagine di storia, monumenti come la Piazza del Minatore, con la sua evocativa statua, e il Parco delle Rimembranze, che reca incisi sulle sue lastre di pietra i nomi non solo di coloro che in miniera persero la vita, ma anche di quelli (la maggior parte) che morirono negli anni seguenti per silicosi, subdolo strascico di quella logorante fatica.